giovedì 19 aprile 2018

A noi tocca decidere in piena autonomia (di Aldo Moro)


Articolo scritto per “Il Giorno” nel gennaio 1978 e non pubblicato “per motivi di opportunità”.


I giudizi espressi nei giorni scorsi da parte americana sugli sviluppi della politica italiana e la possibilità di accesso dei comunisti al Governo del nostro Paese hanno destato vivaci polemiche ed introdotto qualche nuova ragione di tensione. Conviene però essere molto obiettivi nel guardare
all’insieme di questa vicenda. È comprensibile e giusto, si osserva, che un Paese indichi ad un altro, amico ed alleato, proprio in considerazione del particolare vincolo che li unisce, i pericoli che vede emergere all’orizzonte e le conseguenze che, in determinate circostanze, possono verificarsi?
Queste valutazioni in quanto riguardino l’opinione pubblica in generale e si esprimano per canali appropriati, sono ineccepibili. Se una democrazia non fosse in grado di accettare e di riassorbire una polemica, e per giunta in materia così delicata ed importante, essa cesserebbe di essere tale e cioè
viva, problematica ed aperta. Vi sarebbe conformismo e non invece dialogo e ragionato consenso o dissenso. Le cose sono un po’ diverse, se le valutazioni siano formulate in sede di Governo (o dietro sigle trasparenti) e fatte conoscere senza vincolo di discrezione. In tal caso fattori esterni incidono in un dibattito in corso nelle sedi competenti ed influenzano le decisioni. In queste circostanze la non interferenza si risolve nella rinuncia a porre concreti impedimenti; del tutto naturale, del resto, in una grande potenza che è anche una grande democrazia. Siffatti giudizi dunque potrebbero turbare ed impacciare i sinceri amici dell’America i quali sono tanti, forse più che non si pensi, nel nostro Paese.
Di più il rendere pubblici dei punti di vista, perché se ne tenga conto, non solo genera disagio ma obiettivamente limita la libertà di manovra politica, della quale l’altrui valutazione finirebbe per apparire la ragione esclusiva o prevalente. Certo l’autonomia di decisione resta, nella complessità delle sue motivazioni, perché essa è ad un tempo un diritto e un dovere. Tuttavia taluni delicati problemi di politica internazionale, come altre rilevanti circostanze, non sfuggono, ci siano ricordati o meno, alla nostra attenzione ed al nostro senso di responsabilità.
Si può immaginare allora che, per un canale improprio, il destinatario sia, più che il Governo o l’opinione pubblica del Paese amico, uno Stato terzo nel quadro di equilibri di potenza, ovviamente non solo militari, ma politici da preservare a livello mondiale. E questa è una cosa che sarebbe
da ingenui non comprendere, prima perché è un dato della realtà (e fuori dalla realtà non si fa politica), poi perché un assetto bilanciato è un fattore di pace, certo non sufficiente, ma essenziale. Trattandosi di un dato di tale natura, non si può certo dunque ignorarlo, anche se è fuori discussione un qualsiasi intervento di forza ed evidente la difficoltà di influenzare complessi processi legati a condizioni storiche, economiche sociali, psicologiche e politiche talvolta scarsamente comprensibili fuori dei confini. Può determinarsi però in un’atmosfera internazionale più difficile e più pericolosa.
Il Partito Comunista Italiano ha percepito con la consueta lucidità il carattere delicato di questo nodo e vi ha corrisposto con una scelta, quella di accettare la Nato, frutto, più che di vocazione, di rigoroso realismo politico in uno spirito di lealtà del quale non vogliamo dubitare. È evidente peraltro che la situazione ha aspetti problematici e che dubbi e preoccupazioni esistono in coloro, i quali indubbiamente contano in quel generale contesto politico nel quale siano inseriti. Certo un’esperienza qual è quella che i comunisti italiani chiedono di fare (i francesi sembrano più lontani dal desiderarlo davvero), pone per tutti degli interrogativi e trova perciò risonanza anche all’Est, dove non mancano moniti, i quali, per essere di stampa, non cessano di essere autorevoli. Non tocca a noi però fare il conto dei dati favorevoli o contrari. A noi tocca decidere, sulla base della nostra conoscenza, in piena autonomia, ma con grande equilibrio e senso di responsabilità. Per questo riscontriamo delle diversità non trascurabili ed escludiamo una sorta di generale alleanza politica con il Partito Comunista, della quale mancano le condizioni. Ma vi è uno spazio nel quale, guardando agli interessi del Paese, in una situazione che è indiscutibilmente eccezionale, in presenza del venir meno dei legami tradizionali dei partiti, è possibile raggiungere una positiva concordia sui programmi ed un grado di intesa tra le forze politiche e sociali, i quali consentano, con una soluzione equilibrata ed adatta al momento, di far fronte all’emergenza e di sperimentare un costruttivo rapporto tra partiti molto differenziati, che la realtà della situazione obbliga a non ignorarsi ed a non paralizzarsi, provocando con ciò la paralisi, e forse peggio, dell’Italia. Su questa leale trattativa, che includa strumenti giuridici atti a rendere non più necessari taluni referendum, si gioca l’esito della crisi con la possibilità di scongiurare eventi traumatici. Vale la pena di cogliere
il significato politico e di fare appello alla prudenza, all’intelligenza, allo spirito aperto di coloro sui quali ricadono le massime responsabilità.

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